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Regolamenti e democrazia della rete

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Ho letto in rete numerosi commenti sull’accordo o, meglio, sulla poderosa azione di lobbying che ha visto scendere in campo Google e Verizon.

Provo ad aggiungere qualche considerazione personale sul tema.

Per continuare a implementare la potenza trasmissiva della rete sono necessari investimenti importanti, questo e’ un passaggio obbligato per evitare il collasso della rete e la fruizione di nuovi servizi.

Da qualche anno seguo l’evoluzione delle infrastrutture, a tal proposito segnalo questo interessante report pubblicato dall’ONU. Lo sviluppo registrato dai paesi dell’America Latina, dalla Cina e dalla Russia evidenzia che il futuro sara’ sempre piu’ mobile, lo conferma anche Morgan Stanley nel suo report annuale Internet Tech Trends.

Diventa quindi prioritario individuare una nuova architettura della rete internet che, attraverso gli operatori Telco, consenta di ridurre in modo quasi definitivo il digital divide e i costi di manutenzione e sviluppo (posto che le Telecomunicazioni sono tra i settori piu’ renumerativi). Il fattore bandwidth diventa quindi residuale; uno degli elementi che e’ gia’ oggi regolamentato dall’hardware e dal contratto del cliente. La rete ‘fissa’ deve quindi mutare il suo ruolo, da servizi di fonia e dati ai soli servizi dati e demandare i servizi di fonia alla sola rete mobile (come e’ gia’ oggi nei fatti).

Da tempo in Italia si discute dello scorporo della rete wireline di Telecom Italia in favore di un unico soggetto ‘pubblico’. Questa e’ la differenza tra il management Italian Style e quello americano. Mentre da noi si cerca sempre di drenare risorse pubbliche (spesso a favore di interessi privati) nell’altro caso sono soggetti privati che continuano a investire in innovazione e sviluppo; senza ovviamente perdere di vista la redditivita’ degli investimenti.

Se e’ quindi vero che dietro la discesa in campo di Google e Verizon, mascherata dai buoni propositi di ampliare la banda internet, si nasconde il tentativo di superare i competitors e lanciare servizi premium a ‘larghissima banda’, in Italia continuiamo a chiederci come far pagare questo investimento ai contribuenti.

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