La competizione fra le idee e le informazioni che circolano nei social media è paragonabile a quella fra gli esseri viventi per la sopravvivenza. Il “cibo” necessario alla sopravvivenza delle idee è chiaramente l’attenzione degli utenti, ed è su questa risorsa scarseggiante che si gioca la partita.
Se le regole del gioco sono chiare, è molto meno semplice capire gli schemi, le strategie che portano alla sopravvivenza o all’estinzione: un numero ristretto di idee si diffondono in modo esteso e capillare, mentre la maggior parte non attecchiscono neanche. Un passo avanti verso la comprensione di queste dinamiche viene da una ricerca pubblicata sulla rivista Nature Scientific Reports da un gruppo di ricercatori italiani e americani.
Gli studiosi hanno usato un modello statistico astratto, sviluppato però senza tenere conto del “peso” delle idee, cioè del loro valore intrinseco. I risultati sono sorprendenti: nonostante questa differenza basilare, il modello descrive con buona approssimazione i dati empirici ricavati da Twitter. In altre parole, le dinamiche osservate sui social network si possono spiegare in modo indipendente dal valore delle idee e dagli interessi degli utenti, in funzione solo della struttura della rete e dei limiti imposti (cioè la scarsità dell’attenzione disponibile). Questo non vuol dire che il peso e l’attrattiva di un’idea non abbiano effetto; vuol dire però che, a differenza del caso biologico, non sono determinanti.
Le conclusioni dello studio aprono la strada a ulteriori ricerche, ma secondo gli autori suggeriscono comunque la necessità di rivedere molti dei concetti e degli schemi usati finora per descrivere la competizione fra le idee.