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Social media, il diritto e il rovescio

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All’interno del mondo 2.0 è sempre più facile lasciarsi trasportare dalla voglia di socializzare e di condividere le notizie. Senza prestare la dovuta attenzione o correndo il rischio di commettere un reato 

Le recenti elezioni, com’è noto, hanno lasciato il Paese immerso nel dubbio e nell’incertezza. Non mi avventuro in valutazioni di tipo politico, tuttavia, in una situazione dominata dall’insicurezza, almeno di una cosa possiamo essere certi: i social media sono entrati prepotentemente alla ribalta anche all’interno del dibattito politico italiano.

Ho già scritto circa l’uso ‘improprio’ che, a mio avviso,  ne è stato fatto un po’ da tutte le parti durante la campagna elettorale.

Un fenomeno che, purtroppo, non stupisce più di tanto. Ciò che invece sorprende, almeno dal mio punto di vista, è quanto avvenuto proprio all’indomani delle votazioni. Mi riferisco in particolare a un gruppo Facebook creato da alcuni militanti del Movimento 5 Stelle, sul quale diversi elettori hanno postato le foto della propria scheda elettorale per documentare il voto.

La cosa, come noto, è illegale e potrebbe prefigurare il cosiddetto reato del ‘voto di scambio’; e se da un lato è evidente che nessuno di coloro che ha postato la foto della scheda lo ha fatto in quest’ottica, dall’altro lascia davvero perplessi la leggerezza con cui queste persone rischiano una denuncia penale.

All’interno del mondo 2.0, infatti, è sempre più facile lasciarsi trasportare dalla voglia di condividere e socializzare, senza prestare la dovuta attenzione all’importanza dei contenuti che ci troviamo a diffondere.

Proprio per questo, già nel 2009, in azienda abbiamo lanciato una nuova policy per l’utilizzo dei social media, in cui abbiamo voluto sensibilizzare colleghi e collaboratori sull’importanza di conoscere e rispettare le regole, e su quanta attenzione sia necessaria prima di diffondere alcunché in rete.

E qui, a mio avviso, sta in nocciolo della questione. E cioè che anche il mondo dei social media ubbidisce alle regole e alle leggi del ‘mondo 1.0’. La possibilità di condividere   un’enorme quantità di dati e informazioni, infatti, espone gli utenti a un notevole rischio di   violazione sia del codice civile che di quello penale. Perché, troppo spesso, la rete appare   popolata da utenti inconsapevoli e in parte sprovveduti, che non si rendono conto delle  conseguenze di condividere una falsa informazione e che si espongono al rischio di incorrere in  reati come la calunnia o di diffusione di informazioni riservate.

Un fenomeno che va ben al di là dei confini nazionali e che coinvolge un po’ tutti i Paesi.

Basti pensare, ad esempio, a quanto avvenuto sui social media statunitensi durante l’uragano Sandy, quando in rete sono state diffuse notizie che sono state riportate anche sugli organi di informazione ‘tradizionali’ e che si sono poi rivelate dei falsi clamorosi.

O ancora, sempre negli Stati Uniti, è avvenuto che false notizie (probabilmente fatte circolare ad arte) postate su Twitter hanno causato il crollo del valore delle azioni di due aziende quotate al Nasdaq.

Un’operazione su cui è stato aperto un procedimento penale per aggiotaggio.

Esempi più o meno simili abbondano anche in Italia. Chi non ricorda il tweet “Rai 3 fa ca..re’, firmato Silvio Berlusconi, che tanto ha circolato in rete prima di essere smentito dal diretto interessato?

O ancora, passando dalla politica al gossip, la recente ‘bufala’ sul divorzio imminente di Enrico Mentana, anche questo prontamente smentito dalla moglie.

In sostanza, il dato più significativo che a mio parere emergere da questa situazione è che mentre un tempo la rete non era considerato un medium come gli altri ed era vissuta (e anche usata) come il vero e proprio territorio della libertà, oggi il suo progressivo affermarsi la sta conducendo all’interno di quegli schemi normativi e legali che si applicano agli altri media.

Un’evoluzione che, per quanto mi riguarda, è senz’altro positiva. Perché piuttosto che creare regole ‘ad hoc’ come accaduto in passato, che tanto scontento e perplessità hanno suscitato nel popolo del web, è meglio applicare quelle in vigore per tutto il sistema dei media.

Anche se, inutile nasconderlo, la velocità e l’adattabilità alle nuove situazioni tipiche della rete le permetteranno di aggirarle in un tempo ragionevolmente breve.

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