Per le scelte importanti, in particolare in materia di energia, l’approccio partecipativo non solo è più democratico, ma è dimostrato che funziona meglio: lo confermano le più recenti strategie inglesi e francesi
Una delle questioni importanti nell’agenda politica italiana, quale che sia la soluzione di governo che verrà sperimentata, è quella energetica: un argomento che comporta inevitabilmente una serie di nodi difficili da sciogliere.
Dall’estero arrivano due esempi che potrebbero dare indicazioni su come affrontare queste decisioni. In materia di energia, sia la Francia sia il Regno Unito stanno portando avanti il cosiddetto approccio partecipativo. Il metodo consiste nel coinvolgere fin dall’inizio dei processi decisionali tutti gli attori interessati, dalla classe politica alle industrie di settore, dalle istituzioni locali agli enti scientifici, dalle associazioni ambientaliste ai semplici cittadini.
In Francia la “transizione energetica” è vista come una svolta epocale: proprio per questo il presidente François Hollande ha deciso di affidarsi alle indicazioni che usciranno da un lungo confronto fra diversi comitati, di cui faranno parte i rappresentanti di tutti i soggetti coinvolti. Per facilitare la partecipazione del pubblico, la prima fase del progetto prevede, per due mesi, un’opera di informazione sui temi del riscaldamento globale, dell’efficienza energetica e delle fonti di energia.
Nel Regno Unito poi la Public Consultancy è una pratica ormai consolidata: l’esempio più recente è l’ultimo Energy Bill, preparato da una serie di confronti pubblici che hanno prima interessato le singole questioni specifiche, poi la proposta di testo unico.
Certo, tutto questo può comportare ostacoli, pause e ritardi. È quello che succede spesso, e che probabilmente succederebbe in Italia in misura anche maggiore, data la scarsa abitudine e la poca fiducia che molti italiani nutrono verso le istituzioni. Ma più tardi si comincia e maggiori saranno i problemi e il ritardo accumulato rispetto agli altri Paesi europei. E soprattutto bisogna considerare le alternative. L’esempio che illustra al meglio a cosa porta, in Italia, un approccio “impositivo”, è la vicenda del deposito nazionale di rifiuti nucleari ipotizzato qualche anno fa a Scanzano Jonico. Il nuovo governo farà bene a ricordarsene: meglio un processo decisionale più lungo che un fallimento totale.
Le strategie avviate in Francia e Regno Unito confermano invece che non solo l’approccio partecipativo è più democratico, ma funziona meglio. Viene da pensare all’aforisma di Winston Churchill, secondo il quale «la democrazia è la peggiore fra le forme di governo, tranne tutte le altre che sono state provate finora».