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Enel #guerrieri: le parole sono importanti, le persone di più

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Il “dirottamento” dell’hashtag #guerrieri, avvenuto ieri, merita una riflessione che parta proprio dalle parole.

Le parole sono importanti, sì.

Iniziamo dall’hashtag “dirottato”.

#guerrieri è un hashtag (e quindi una parola) preso in prestito dalla Rete.
C’era prima della campagna istituzionale Enel e ci sarà anche dopo. Dal punto di vista temporale, la campagna lo utilizza e lo rilancia dandogli uno scopo specifico. In questo caso, la raccolta di storie sulla piattaforma di storytelling.

Non c’è, per citare un tweet che ho letto, nessuna “eterogenesi dei fini”. Siamo di fronte a un utilizzo massiccio e guidato dell’hashtag con attribuzioni di significato differenti da quelle che in questi giorni ne hanno segnato l’uso. Un dato quantitativo.

A proposito di fini, veniamo ai numeri. Con la funzione e con l’obiettivo attribuitigli dalla campagna, l’hashtag ha prodotto già oggi il risultato sperato, consentendo di raccogliere centinaia di storie che sono il valore vero creato dal progetto: storie di persone che raccontano le loro battaglie, le  paure, le  difficoltà.
Storie che mi sento di dover tutelare da qualsivoglia accusa di non legittimità o peggio ancora di non conformità a un presunto “codice della rete”.

E su questo punto, torniamo ancora sulle parole.

Vale la pena riflettere sull’utilizzo di “epic fail”, ovvero la seconda parola chiave che ha accompagnato molti tweet di “dirottatori”.

Non c’è azienda che non venga accusata di averne commesso uno, sul web. È nelle cose. È nella statistica. Fa parte di quel percorso di learning by doing che ritengo essere una delle principali caratteristiche di un settore, quello del digital, dove non c’è mai stata una grande innovazione senza grandi epic fail. Quello che non deve mancare mai è il coraggio.

Ora, considerati i risultati, se l’epic fail è avere centinaia di persone che scrivono e si raccontano, talvolta con un’intimità profondissima, allora va accolto come un valore e come un valore va difeso, perché è quello -restando nella metafora- dei civili a bordo di quell’aereo dirottato.

Dal canto proprio, il “dirottamento”, con i suoi obiettivi espliciti, ha invece implicitamente detto a tutti coloro che stanno partecipando al progetto #guerrieri che esiste una linea di demarcazione tra ciò che in rete si può fare e ciò che non si può fare. Come se partecipare a un progetto di comunicazione di un’azienda global, o come leggevo la multinazionale, fosse un atto non conforme a quel codice di comportamento stilato da un presunto, e come sappiamo inesistente, Popolo. Non è questione di maggioranze, è proprio questione di riuscire ad alzare lo sguardo sugli altri senza autoproclamarsi titolari delle regole della casa nella quale si vive, tutti.

11 Commenti

  1. ciao sono rimasto un po’ sconvolto all’inizio perchè pensavo non potesse esistere un privato cittadino con questa visione della vicenda #guerrieri/ENEL. poi leggendo il tuo cv ho visto che lavori per Enel. ammiro il tuo coraggio di kamikaze della comunicazione e ti sono vicino in questo momento difficile in cui il mestiere che ti sei dato fa a botte con il buonsenso a l’amor proprio. ma le creature tengono fame, e il bmw fa 3km con un litro….. in bocca al lupo Stefano

  2. Caro Stefano, sono sempre stato un grande sostenitore della democrazia della rete. Non ti conosco, di me invece puoi leggere tutto qui e nei miei profili social, ma mi sento di dirti che sei libero di pensarla come preferisci. Ammesso che ci sia un tuo pensiero e non un pregiudizio; da questo tuo commento mi pare che siamo nella seconda ipotesi.

    Sulla vicenda #guerrieri non ho da eccepire sui commenti degli utenti, ma pretendo che le persone che stanno raccontando le loro storie, spesso molto intime e sentite, vengano rispettate. La violenza e l’improperio sono metodi che francamente non condivido. Ma forse tu si, ripeto non ti conosco.

    Purtroppo sono queste persone che, benchè tentino di apparire come intellettuali o presunti tali, si comportano come nell’età della pietra. E purtroppo a causa loro questo mezzo, sul quale lavoro ormai da oltre 15 anni, rischia di essere sempre considerato una terra di nessuno.

    Personalmente preferisco un approccio più etico che tento di trasmettere nell’educazione dei miei figli, che vedo hai chiamato in causa. Complimenti.

    Raffaele.

  3. ciao Raffaele,
    devo riconoscere che una critica anonima a un personaggio pubblico è uno strumento facile e eticamente discutibile. Purtroppo molto in voga, ma il mio era un messaggio per te, non necessariamente destinato ad essere pubblicato.
    Mi sento però a questo punto di argomentare meglio, partendo dall’ “etica” che hai nominato e che per come la vedo io è alla radice del rifiuto della campagna #guerrieri da parte mia e di tanti altri.

    Gli interessi qui in gioco che vengono da te difesi sono di un’azienda, però la pagina è personale, il che mi ha fatto sentire autorizzato ad un giudizio. Il motivo è che ritengo il vero problema stia nelle coscienze “individuali” di coloro che progettano e mettono in opera queste campagne.
    Io metto in discussione la scelta di un’azienda privata di aumentare i profitti creando ad arte una campagna che promuova la denuncia delle ingiustizie sociali.
    Tu parli di “learning by doing” e “innovazione” ma qui si tratta di RIFIUTARE A PRIORI il ruolo della pubblicità delle multinazionali nella società civile. No grazie, il fatto che tante persone ci siano cascate e si siano identificate in #guerrieri non la legittima nemmeno un po’. Troppo facile nascondersi dietro questi numeri….
    Ritengo sia un malcostume moderno questa accettazione supina dell’intrusione ipocrita e interessata delle aziende nelle coscienze delle persone. Vorrei non fossero ENEL e i pubblicitari di Saatchi e Saatchi i punti di riferimento nei processi di presa di coscienza collettivi. A questo ci aggiungi che ENEL stessa in quanto a ingiustizie sociali in Italia e nel mondo ha buoni motivi per scansare l’argomento. Ma qui qualche genio del male ha pensato di rilanciare e di sperimentare l’avveniristico “consciousness-washing”. La giusta conseguenza (punizione) per questa strumentalizzazione ipocrita della gente è il boomerang che, evviva finalmente, ho visto partire.
    La violazione delle coscienze individuali fatta da #guerrieri mi ha spinto a una violazione di una coscienza individuale. Rimango profondamente convinto che alla base di campagne ipocrite ci sono sempre coscienze malleabili (o a pensar bene inconsapevoli) di pubblicitari e manager.
    Mi fa male vedere che tanta gente ha aderito ma mi fa ancora più dispiacere vedere che anche una certa “intellighenzia” avalla tutto questo. Se poi non vi sono dietro interessi particolari allora dal mio punto di vista significa che chi sostiene tutto questo ci crede veramente ed il problema è ancora più radicato e profondo.
    Il post precedente magari no, però penso che questo lo possano leggere anche i tuoi figli.
    ANche io non ti conosco, si parla di coscienze perchè penso sia qui necessario. ma spero di non recarti offesa con le mie parole.
    Un saluto
    Stefano

  4. Devo dire che sono rimasto molto “divertito” dalla difformità dell’approccio (tra web e media tradizionali) e in special modo dal fatto che prima di fare un’operazione del genere, che intercetta il dato qualitativo (le storie) forse, non sia stata fatta, o l’azienda non abbia (almeno sulla carta) costituito un solido background fondato su valori, veri o presunti tali. Offrirsi in “pasto alle belve” ossia all’interazione del web presuppone, anzi necessita, di narrazioni che reggano l’interazione (banalmente per fare un esempio la narrazione di un padre di una favola con l’interazione delle domande del figlio, rispetto alla mono direzionalità di un cartone animato) ma sopratutto bisogna averla una narrazione. Bisogna avere di che narrare e sapere cosa narrare. Ed ecco che allora quindi in presenza del “vuoto” qualche stratega del marketing (Saatchi & Saatchi ottimi per tutte le stagioni visto che hanno firmato anche la campagna pro nucleare e alcuen cose per Greenpeace, ma del resto fanno il loro lavoro) ha deciso di prendere una parola suggestiva di sicuro #guerrieri (che oltretutto si addice più a Greenpeace che a Enel e che forse gli era rimasta incastrata in qualche sinapsi proprio da quelle esperienze. Rainbow #warrior…opps) ma che ben poco ha a che fare con la “narrazione aziendale” e già da questo vizio di fondo nasce zoppicante la campagna. Vero è che centinaia di persone hanno affidato i propri scritti al sito di storytelling, ma perchè hanno scritto in fondo non è dato sapere (voglia di comunicare, condivisione o premio) e sopratutto che farà Enel di queste loro storie, di questi loro pezzi di vita a campagna chiusa? Cosa sarà dei guerrieri una volta finita l’iniziativa e consegnate le biciclette elettriche (che me lo faccia dire narrano ben poco di Enel come oggetto)? Mischiare marketing estemporaneo con vite umane senza un progetto di più ampio respiro a me personalmente non piace. Fare cultura d’azienda nella realtà, me lo lasci dire, è un’altra cosa. Significa avere un’idea d’azienda che al profitto unisca valori solidi, stabili, fondanti e costanti nel tempo. Mattei e Olivetti forse ne sapevano qualcosa. E dire che Enel potrebbe partire da…

  5. Caro Stefano, grazie della risposta. I toni che usi mi confortano, davvero. Sono sempre stato un sostenitore del confronto, anche quando le posizioni reciproche non trovano una linea d’incontro.

    Quello che dico nel post è che non deve mancare mai il rispetto, reciproco, delle persone e delle idee. Quello che ne consegue è un confronto schietto e onesto. Mi rammarica riscontrare che la rete troppo spesso sia la terra di nessuno; per colpa di pochi.

    Vorrei insegnare ai miei figli a guardare la realtà dal maggior numero possibile di prospettive. Saranno poi loro a decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato. A me spetta educarli con valori sani. Sperando di fare il mio meglio, visto che quello del genitore è il mestiere più difficile del mondo.

    Raffaele.

  6. Sergio, grazie del commento. Comprendo le tue perplessità, tuttavia il progetto è articolato in diverse fasi. Certamente le storie degli utenti verranno valorizzate, come già anticipato in alcuni articoli (ne parlo anche nei miei post).

    Per chiudere, ho avuto la fortuna di lavorare per diversi anni in Olivetti, per carità, un’altra azienda rispetto a quella a cui fai riferimento. Tuttavia la considerazione che a volte faccio proprio su quella che fu la mia prima esperienza lavorativa, è che difficilmente ai tempi nostri potrebbe esistere un Camillo Olivetti. Sarebbe bello.

  7. Sono pochi ma esistono. Cucinelli, Angelantoni per esempio. I tempi cambieranno perchè gli strumenti di produzione, specialmente energetica in primis cambieranno. E in Enel ne sapete qualcosa, specialmente sul mercato interno. Il computer portatile con il quale scrivo costa il 50% in meno del mio primo fisso e consuma il 90% in meno (36W contro 350W). E’ un paradigma che sta cambiando e con lui anche le aziende che se vorranno sopravvivere dovranno adeguarsi e non tentare di fare il contrario. L’utile di Enel quest’anno è stato salvato da Enel Green Power, eppure in #guerrieri delle rinnovabili non c’è traccia.

  8. Però davvero non ho capito alcuni punti:considerando le tue esperienze di rete, anni che ci lavori, avrai ben pesato il target positivo ed il target negativo che una campagna simile avrebbe generato?
    Avrai/Avrete fatto delle indagini di mercato serie sulle quali basare questo esperimento di condivisione?
    Avete pensato al momento sociale delicatissimo?
    Vi siete posti l’evidenza che sui nuovi media la maggior parte sono giovani quindi non propriamente una delle classi più motivate oggi?
    Avrete tenuto conto del fatto che la rete non è – la terra di nessuno – ma – la terra di tutti?
    Perché chiamare – dirottatori – colori i quali non destinano a voi le loro attenzioni ma il loro livori?

    Un caro saluto

  9. Caro Claudio, è certo che la campagna richiama tutti, e lo fa con un messaggio forte, a una riflessione. Già per i 150 anni dell’Italia abbiamo fatto uno spot con un invito semplice rivolto a tutti: invece di parlare dei difetti dell’Italia “per una volta, una soltanto, fate qualcosa di diverso – diceva lo speaker. “Provate a parlare di quell’Italia che sembra essere invisibile, ma che esiste”.

    Quest’anno sui media digitali abbiamo pensato allo storytelling per raccogliere, direttamente dalle persone la storia di un vissuto quotidiano. Leggendo le storie puoi vedere che c’è un gruppo di persone che ha voluto raccontarsi, indipendentemente da tutto il rumore che c’è stato intorno. Questo è bello.

    Quindi, piuttosto che fare analisi top down, abbiamo voluto raccogliere un racconto dalle persone. Ed è pubblico. Ecco perchè continuo ad invitare tutti a leggere le storie.

    Infine veniamo ai dirottatori. In realtà ho ripreso un termine che è circolato in rete. La mia opinione, l’ho scritto anche in un mio post antecedente ai fatti recenti, è che l’hashtag guerrieri è di tutti. Cito “#guerrieri è un hashtag preso in prestito dalla rete”. Questo significa che non è nostro, non è dei WuMing, non è di altri. E’ di tutti. E’ il bello della democrazia della rete.

    Continuo a dire però che ciò che è fondamentale è il rispetto delle persone. Lo ripeterò fino alla noia.

  10. Ciao a tutti
    mi sento di dare un ultimo contributo a questo thread che ho aperto .
    Claudio, sulla base di quanto si legge sulle prime pagine dei giornali la campagna da un punto di vista del risultato mediatico non è esattamente stata un “esempio di successo” e credo servirà ai pubblicitari di mezzo mondo per orientare le decisioni nei prossimi cinque anni. Da un punto di vista del risultato economico staremo a vedere, ma temo che chi ha finanziato la campagna sia per il momento poco felice.
    Non so chi legge e chi scrive qui quanto sia sensibile alle questioni etiche/commerciali da me sollevate, ma vorrei per una volta sottolineare che in questa occasione il cerchio sul fatturato con tutta probabilità non si chiuderà.
    Il cosìdetto “dirottamento” avrà il duplice risultato di impedire che l’operazione si sostenga sia a livello economico che etico, riportando l’attenzione sulle contraddizioni di chi l’ha promossa e scoraggiando così analoghe aziende dal finanziare future analoghe campagne .
    Pur sapendo che tanti hanno approfittato del dirottamento per convogliare il loro carico di frustrazione e spesso di maleducazione, nella sostanza più che nella forma io mi dico contento di questo evento che ritengo significativo. Che non si dica che è stato un sabotaggio di pochi sovversivi….
    Scusa Raffaele se insisto qui sul mio punto di vista di utente contrariato, so di ripetere concetti che in questi giorni trovi dappertutto in rete. Tenere questo blog trovo sia comunque trasparente e credo sia coraggioso da parte tua metterti in gioco personalmente.
    un saluto
    Stefano

  11. Stefano, è certo che questa campagna, lo sapevamo tutti, sta generando un grande dibattito. Concordo con te che il gain comunicativo generato dal ringhio troppo spesso maleducato di molti tweets ha reso impossibile il dialogo con coloro che, diversamente, affidavano a 140 istanze reali. Questo non significa che non ci sia l’apertura al confronto. Certo, come ho ripetuto più volte, nel rispetto reciproco. Sul fronte dell’ideologia dei singoli non mi sento di esprimere un parere. Ti ringrazio del commento sul mio blog. Grazie. Raffaele.

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