Scovare all’interno delle big company idee innovative che finirebbero nel cassetto e usare il digitale per renderle possibili facendole in casa
“Di cosa ti occupi?”. “Sto diventando una specie di stratupper aziendale”. Questo botta e risposta mi è capitato di recente in occasione di un convegno. A domandare ero io, a rispondere il manager di una grande azienda di ICT che da poche settimane e senza troppi clamori – per questo resto sul generico perché non vorrei creargli problemi dicendo nome e cognome – aveva ricevuto un nuovo incarico: da gestore di processi e progetti doveva diventare cacciatore di idee innovative all’interno dell’azienda da poter sviluppare grazie al digitale. Più si è addentrava nella spiegazione del suo nuovo lavoro – suscitando il mio entusiasmo – più mi rendevo conto che la job description che faceva di sé corrisponde in buona parte al profilo del mio pallino: il Chief digital officer.
Andare a caccia di start up innovative nella propria azienda può sembrare un controsenso. Di norma le big company cercano fuori le imprese 2.0 da sponsorizzare, con le quali avviare partnership o eventualmente da incubare. Le ragioni di questa filosofia sono tante e valide: economiche, organizzative … Ma il mio interlocutore mi spiegava che lo “startupper aziendale è una naturale conseguenza della rivoluzione digitale” e argomentava il suo ragionamento in modo molto semplice:
- all’interno di molte aziende, dal lavoro di tutti i giorni, emergono anche piccole-grandi idee innovative;
- molte di queste idee (anche quando sono riconosciute valide e interessanti) vengono per lo più accantonate per il solo fatto che richiederebbero attività, energie e tempo da sottrarre al lavoro quotidiano;
- il digitale (nella sua più ampia accezione) spesso permette di ridurre al minimo la necessità di questo surplus di risorse;
- ci vuole qualcuno – una sorta di “sportello interno” – che faccia da catalizzatore di queste idee per capire come poterle sviluppare grazie al digitale prima che finiscano nel dimenticatoio.
Quante buone idee finiscono nel cassetto? A pensarci bene tante. Il ‘vorrei ma non posso’ spesso è frutto di pigrizia, ma tante volte anche di un calcolo sommario (e sbagliato) di tutti problemi che si potrebbero trovare strada facendo che fa desistere dall’impresa. L’idea dello startupper aziendale – a me è suonata nuova, ma magari qualcuno conosce esempi già avviati e nel caso chiedo di segnalarmeli – risponde sia ad un bisogno culturale sia ad uno manageriale e di processo.
Il digitale oggi azzera molti presunti ostacoli o quanto meno ne riduce di molto la portata (pensiamo in generale ai vantaggi del cloud e nel particolare a quelli della nuova funzionalità di Photoshop CC per stampare in 3D). Ignorare questo aspetto – qui sta il fattore culturale – può significare l’abbandono di idee per il fatto che sembrano complicate da realizzare e invece non lo sono.
Non servono eserciti di digital manager, basta che ce ne siano uno o alcuni, messi al servizio dell’azienda nel suo complesso. Una specie di mentorship digitale interna che possa aiutare a trasformare le idee in start up innovative, coniugando l’approccio della “mano che nasconde” di Albert Hirschman al realismo che nasce dalla conoscenza dell’azienda e dei suoi obiettivi strategici.
Il Chief digital officer è uno cacciatore di start up aziendali perché ha proprio il compito di promuovere e traghettare il business delle imprese nell’era 2.0. Opportunità, possibilità, criticità e vantaggi di un‘attività, ma anche processi e modelli cambiano aspetto se sono presi dal punto di vista digitale. Una hit del 2000 cantava: “Depende, de qué depende, de según como se mire todo depende”. Ecco! Hai un’idea innovativa? Si può realizzare? Tutto dipende da come la guardi.