Il nuovo New York Times online con il native advertising. Newsweek torna in edicola dopo l’addio alla carta stampata. Aria di rivoluzione per l’informazione 2.0
L’attesa per la nuova versione online del New York Times è conclusa. Nuova grafica, ottimizzazione per mobile, tablet e laptop, ma soprattutto l’introduzione del native advertising con contenuti editoriali sponsorizzati dagli inserzionisti. Da oggi il più importante quotidiano Usa si sottopone al giudizio della rete con la sua nuova veste e sarà interessante vedere come reagiranno pubblico e mercato al cambiamento.
La rivoluzione del New York Times apre il 2014 e ripropone il refrain del futuro dell’informazione nell’era digitale. Il matrimonio di convenienza tra news online e pubblicità per molti sancisce il definitivo tramonto dell’informazione corretta, indipendente ecc …, per tanti è la strada obbligata (e piena di incognite) per dare un futuro a giornali e giornalismo, per troppi ha investito i social media del compito salvifico di liberare le notizie dalle logiche di mercato.
La vittoria dell’informazione online e la morte dei giornali cartacei è ormai da tempo un esercizio di stile e offre una vasta antologia di profezie disattese. E anche il 2014 si presta a dare spazio a questo dibattito perché se da un lato il NYT accelera sulla rete scegliendo la strada del native advertising (prima di lui il ‘salto’ è stato fatto da WSJ, Forbes, Time e da tutti i principali social network) dall’altro Newsweek si appresta a riesumare anche la vecchia amata carta facendo retromarcia sulla scelta epocale di sparire dalle edicole decisa nell’ottobre 2012.
L’importanza di arrivare secondi, talento celebrato da un innovatore come Enrico Fermi, diventa sempre più una virtù, soprattutto per chi vive nel vecchio continente e ha il vantaggio di poter imparare gratis le lezioni che arrivano dagli Usa dove il dibattito non si riduce a digitale-cartaceo, ma riguarda modelli di business e qualità dei contenuti. Due argomenti che dovrebbero interessare (molto) anche l’informazione “made in Italy”.
La vendita dei quotidiani italiani nel 2013 è calata a picco: La Repubblica ha perso 51 mila copie, Il Corriere della Sera 40 mila, La Stampa 27 mila, La Gazzetta dello Sport 42 mila, Il Corriere dello Sport 36 mila, Il Messaggero 33 mila e via perdendo. Concordare sull’ovvio, cioè che la carta stampata vive un’irreversibile declino ai danni dell’online, è sin troppo facile e non centra il problema. Secondo l’ISTAT anche nel 2013 è cresciuto l’accesso delle famiglie italiane a internet (60,7% contro il 55,5% del 2012) e aumentato l’utilizzo di tablet e smartphone per aggirare le carenze della banda larga. Ma la crescita del digitale in Italia è frutto soprattutto di chi i giornali non li legge da tempo o non li ha mai letti: 30enni e teenager. In altre parole, l’assioma “più internet, meno edicola” semplifica sino a travisare un problema dell’informazione che coinvolge non solo la carta stampata, ma anche tv e testate online.
È ancora vero che “content is the king”? Questa è la fastidiosa domanda che l’istinto cannibale della rete pone all’informazione tout court, sia online, su carta o in tv. Dopo anni di maquillage, piccoli accorgimenti e soluzioni tampone, nel 2013 le grandi testate giornalistiche nostrane hanno cominciato a rispondere a questo interrogativo sulla rete e la speranza è che mettano in discussione anche le edizioni in edicola senza cestinarle. Il sito della Stampa che ha perso il .it, annunciando che la redazione del giornale non è più divisa tra online e cartaceo, è un inizio di risposta tanto quanto la nascita del medialab ideato da Marco Bardazzi e battezzato da Mario Calabresi. La nuova versione di repubblica.it che cerca di scollarsi dalla tirannia dei click della colonna di destra (quella delle gallerie di immagini, per intenderci) è un altro esempio. E anche mamma Rai ci sta provando con la messa online del nuovo portale dell’informazione accompagnato dall’ambizioso slogan: “Questa notizia non finisce sul web, ci nasce”.
Anno nuovo vita nuova? Visti i segnali del 2013, per il 2014 c’è da sperare (almeno per quel che capita in rete). E prima di augurarci che si risolva la vexata questio news-pubblicità, auguriamoci che l’informazione migliori, sia su carta che online. Perché alla domanda “Quali giornali chiuderanno nel 2014?” risponderà solo il tempo. Di certo, se il contenuto non torna ad essere il re la chiusura è inevitabile. E alcuni giornali, presenti in rete come in edicola, hanno già chiuso da tempo senza nemmeno accorgersene.