Un giorno lo scrittore Ignazio Silone, vedendo in treno una ragazza che leggeva un suo libro, dalle espressioni del suo viso si è reso conto che spesso gli scrittori pensano troppo al parere degli altri scrittori, dei critici e degli editori, ma troppo poco a quello dei lettori.
Così anche i social marketer non riescono sempre a interpretare la percezione delle strategie pubblicitarie da parte del pubblico: e stavolta non è un incontro fortuito in treno ad aver fatto luce su questo aspetto, ma una ricerca appositamente condotta dalla Adobe su un campione di 1250 americani adulti, il 20% dei quali marketer.
Lo studio evidenzia infatti una certa discrepanza fra le risposte dei marketer e quelle dei consumatori: la realtà non è quella che i social marketer sperano o, peggio, danno per scontata (anche perché gli utenti dei social sono meno ingenui di quanto si creda). È anche per questo che spesso la pubblicità risulta invadente anziché coinvolgente, e in generale l’apprezzamento e l’efficacia dei messaggi sono inferiori alle aspettative.
Per esempio, i consumatori tendono a cliccare “mi piace” sulla pagina di un’azienda o di un prodotto molto meno di quanto fanno i marketer che lavorano nel settore. Solo il 2% dei consumatori ritiene credibile un contenuto pubblicato su una pagina aziendale su un social network. E solo il 2% comprerebbe un prodotto in seguito al “mi piace” di un amico sulla relativa pagina; il 29% andrebbe a dare un’occhiata alla pagina, mentre il 35% se ne infischierebbe.
Secondo lo studio, in conclusione, i marketer dovrebbero avere ogni tanto l’umiltà di spogliarsi dei loro panni e indossare quelli dei consumatori: il ritorno economico non mancherà. AnnLewnes, chief marketing officer della Adobe, ha commentato: «Il web, e in particolare i social media, sono opportunità enormi, ma noi marketer non abbiamo ancora sfondato».