Un hakeraggio dell’account di AP fa scoppiare “due bombe alla Casa Bianca”, la corsa al Quirinale infestata da tweet e pseudo elezioni online. I grillini del M5S vittime di pirati informatici. La rete come strumento di guerrilla che colpisce politica e mercati. E la democrazia online resta un ambiguo miraggio.
Il 23 aprile, alle 19.05 Wall Strett è letteralmente crollata per un solo Tweet. “Ultimo minuto: due bombe alla Casa Bianca, Barack Obama è stato ferito”. A firmarlo l’AP. E tanto è bastato per far perdere 150 punti al Dow Jones bruciando in tre minuti 135 miliardi di dollari di valore, trascinare nel baratro dollaro e titoli di Stato Usa e far impennare l’oro.
Che Barack Obama stesse in salute e la Casa Bianca in piedi lo si è appreso poco dopo con l’intervento ufficiale del portavoce del presidente, Jay Carney. A ruota è arrivata anche la dichiarazione dell’AP: l’account dell’agenzia internazionale che vanta quasi 2milioni di follower è stato hackerato.
Il ferimento di Obama a colpi di Twitter è uno dei casi più chiassosi della confusione (e del panico) che è in grado di generare la rete, o meglio di chi la usa con malizia o come vera e propria arma di una guerra che può rivelarsi senza quartiere.
Nei concitati giorni dell’elezione del Presidente della Repubblica il PD è imploso anche grazie ai franchi tiratori su Twitter. E le ambigue consultazioni indette dal M5S tra il cosiddetto popolo del web – quelle di “Rodotà presidente di tutti”– hanno fatto della rete uno strumento di insolita guerrilla politica ben poco democratica.
Ma chi di Twitter ferisce di Twitter perisce. Ai grillini che invocano trasparenza online e inneggiano alla democrazia liquida del web ha risposto Anonymous Movimento 5 Stelle Leak con la violazione di caselle di posta degli onorevoli-cittadini del M5S e l’annuncio (ricattatorio) di rendere noti tutti i contenuti delle mail di un grillino alla settimana.
Obama era già morto su Twitter il 4 luglio 2011 con un hakeraggio di @FoxNewspolitics. Gli attacchi via rete ad aziende, istituzioni, associazioni e partiti politici crescono in maniera esponenziale e con diffusione globale di anno in anno. Col passare del tempo le incursioni in rete fanno sempre più danni alla vita reale di Paesi, persone e società.
Da queste vicende emerge in modo evidente che la rete non è sinonimo di democrazia. Che il popolo del web è una realtà impalpabile e troppo spesso evanescente. Che le scelte per governare un Paese o gestire l’economia non possono ondeggiare in base a Twitter o guerrilla online.
Nel 1852 Hans Christian Andersen scriveva la fiaba “Ogni cosa al suo posto!”. Nonostante tanti raccontino una rete che diffonde la conoscenza ovunque, risolve ogni conflitto e dà il potere alla gente, nella favola contemporanea del mondo 2.0 i social network devono ancora trovare il loro posto.