Uno dei neologismi che si stanno diffondendo nel gergo dei socialmedia è “influenzatore”: un calco dall’inglese influencer, che indica una persona che esercita una grande influenza in rete. Per i motivi più vari: l’autorevolezza, la fama acquisita in qualunque modo, l’abilità del gestire i social network, il tipo di tematiche che affronta e, naturalmente, il numero di contatti.
In pratica, si tratta di persone in grado di incanalare idee e gusti sui social network: qualcosa di simile all’opinion maker in ambito giornalistico, con la differenza che, quando si tratta di prodotti commerciali, gli influenzatori possono convogliare anche importanti quote di mercato.
Da tempo gli esperti di marketing si stanno concentrando proprio suqueste figure, che permettono di raggiungere un pubblico più vasto puntando su pochi soggetti: le tecniche più comuni prevedono l’invio di messaggi mirati e in alcuni casi anche l’offerta di campioni gratuiti.
Ora però c’è chi mette in guardia dal puntare su queste figure, anche quando sono di indiscussa autorevolezza. Per esempio, secondo Steven Van Belleghem, professore di marketing alla Vlerick Management School (Belgio), quello che conta è l’influenza, non l’influenzatore. E infatti quasi sempre una personache è molto popolare in alcuni ambiti, lo è molto meno in altri: si può essere esperti di finanza con grande influenza sul mondo industriale, ma averne molto poca in campo alimentare o non averne affatto se si tratta di lanciare una rivista di moda.
Ovviamente una strategia di marketing può sfruttare sapientemente gli influenzatori di settore, mal’importante è non esagerare la loro importanza e tenere sempre presente anche la forza dei numeri.
Lo confermano diverse ricerche: è molto meno costoso e dà maggiori risultati puntare su alcune migliaia di persone che raccomandano un prodotto nella loro cerchia ristretta piuttosto che dieci persone influenti che lo raccomandano ai loro numerosi contatti.
Il trucco è nel conciliare la qualità con la quantità, facendo in modo che, nel suo piccolo, ogni utente dei social network diventi in un certo senso è un “piccolo influenzatore”.